sabato 22 novembre 2014

PROVE TECNICHE DI INSUBORDINAZIONE AL LAVORO

Giuseppe Allegri

Esce in questi giorni in Francia il volume Précariat. Pour une critique de la société de la précarité, sous la direction de Silvia Contarini et Luca Marsi, Presses Universitaires de Paris Ouest (p. 176, € 18).  Vi proponiamo una sintesi dell'intervento di Giuseppe Allegri.


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In queste note si prova a nominare l'urgenza di condividere altre narrazioni possibili contro l'ossessiva presenza del lavoro e/o la sua cronica mancanza, precarietà, intermittenza, a-tipicità, indagando quelle che potrebbero oramai definirsi le cinquantennali prove tecniche di insubordinazione al lavoro, con possibili evocazioni di una sottile, duratura, creativa disaffezione al lavoro, ma anche con la consapevolezza che spesso il capitale ha messo letteralmente al lavoro e a profitto questa insofferenza diffusa nei confronti del lavoro. 

Per questo l'insubordinazione al lavoro è un'espressione bifida e ambigua: indica l'insofferenza al lavoro salariato e subordinato, così come la messa al lavoro di quella insofferenza e le sue posture non riconciliate rispetto all'ordine esistente delle cose. Ancor più nel malandato e faticoso contesto sociale italiano, dove i processi di precarizzazione prosperano da decenni su un sistema sociale antiquato, pericolosamente attraversato da pulsioni familiste e corporative, oltre che da pratiche burocratiche e di corruzione. 

Si sperimenta questo sentiero narrativo – di singolarità letterarie che appartengono a uno sfondo culturale condiviso – con la consapevolezza che lo scrittore/la scrittrice, «anche nello scacco, resta ancora di più il portatore di una enunciazione collettiva, che non appartiene più alla storia letteraria e che è in grado di preservare i diritti di un popolo futuro o di un divenire umano».

Un eretico sentiero interrotto, dai quartari di Luciano Bianciardi a La scuola dei disoccupati (Schule der Arbeitslose) di Joachim Zelter, passando per André Gorz, il Gruppo Krisis e la «letteratura precaria» degli anni zero italiani. Alla ricerca di una possibile fondazione di nuove istituzioni della in-occupata intelligenza collettiva del Quinto Stato.

Perché: «Pour tuer le chomage tueront-ils les chômeurs?» Come apostrofava Louis-Ferdinand Céline con il suo solito tono apocalittico e sarcastico, nell'oscuro cuore europeo del 1933. E settanta anni dopo la distopia diviene narrazione di un immaginario campo di concentramento per disoccupati, pensato nel 2006 da Joachim Zelter, nel suo La scuola dei disoccupati (Schule der Arbeitslose). 

Siamo in una immaginaria Germania del 2016, pericolosamente simile agli attuali Paesi dell'Europa mediterranea, dove milioni di disoccupati compresi tra i 25 e i 45 anni vengono rieducati alla ricerca di lavoro, in una sorta di post-moderno campo di concentramento lavorista, «Sphericon», fabbrica in disuso nella quale si affina il controllo e l'assoggettamento delle passioni attraverso gli istruttori-aguzzini dell'«Agenzia federale per il lavoro». 

In questo panopticon lavorista c'è Karla Meier, 36enne dal curriculum infestato da vuoti («per un anno non è andata a scuola»), buchi («un corso universitario iniziato e mai terminato»), lacune («nessun hobby dichiarato, né attività sportiva»). Sembra l'attuale NEET generation italiana ed europea: Not in Education, Employment or Training.

Per tutto questo all'ordine del giorno delle moltitudini economicamente impoverite del Quinto Stato si pone la fondazione di una nuova idea di società, in Italia, come nella vecchia Europa, fuori dalle strettoie della subordinazione al lavoro e alle sue istituzioni, aperta alle persone non riconciliate con l'ordine esistente delle cose. 

Dentro lo sfaldamento, l'impoverimento e la precarizzazione di tutte le forme di vita e del lavoro, e della latente condizione di sottoccupazione-inoccupazione-disoccupazione, il Quinto Stato deve pensarsi come la possibilità di un un consorzio di nuova cittadinanza, che fondi inedite istituzioni di autogoverno di quell'intelletto collettivo formato dalla massa di produttrici-consumatori depredati anche dei propri desideri

Le spinte alla cooperazione sociale delle multi-attività (in-)operose delle e dei quintari-e producono già quella ricchezza necessaria a ripensare i rapporti tra territori, cittadinanze e tempi di vita, fondando ateliers di autogoverno delle buone vite, spazi pubblici post-statuali di coalizioni sociali che trasformino gli enti locali in nuove istituzioni di prossimità, attraverso processi federativi, dove sperimentare ipotesi di co-progettazione e co-produzione di un New Deal locale ed europeo per innovative politiche culturali e sociali.

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Il 6 e 7 dicembre del 2012 si era tenuto presso l'università di Paris Ouest Nanterre La Défense il colloquio «Avoir le courage de l'incertitude». Le cultures de la précarité e questo volume raccoglie alcuni degli interventi lì presentati ed altri che si sono aggiunti nel corso del successivo dibattito, a partire dai saggi dei curatori e di Christian Laval, Patrick Cingolani e Judith Revel, tra gli altri.

Per l'inizio del prossimo anno è prevista una traduzione italiana dell'intero volume per i tipi di ombre corte edizioni.

Qui di seguito si presenta l'indice e più sotto una breve introduzione-abstract dell'intervento di Giuseppe Allegri, L’insubordination au travail du «Cinquième Etat». Enoncés collectifs et invention institutionnelle.


Introduction, Silvia Contarini et Luca Marsi
La précarité comme « art de vivre » à l’époque néolibérale; Christian Laval
Industries culturelles et précarité, ambivalences de l’ascétisme dans le monde; Patrick Cingolani
Lignes de fuite et stries du capitalisme cognitif. Parcours d’autonomie professionnelle et espaces expressifs de la précarité dans le «district du plaisir»; Federico Chicchi et Mauro Turrini
L’insubordination au travail du « Cinquième État ». Énoncés collectifs et invention institutionnelle; Giuseppe Allegri
Un précariat fragmenté. Le commissariat d’exposition d’art contemporain en France; Laurent Jeanpierre et Isabelle Mayaud
Qu’aura été la Précarité ? Futurs possibles d’un concept; Joost de Bloois et Frans-Willem Korsten
Esthétisation et normalisation de la précarité dans la société néolibérale; Luca Marsi
Féminisation du travail et précarisation de l’existence: deux paradigmes superposés; Judith Revel
Sauvagerie, nomadisme, précarité. Un récit primitiviste; Federico Luisetti
De la précarité à la convivialité; Gustavo Esteva et Irene Ragazzini

Bibliographie

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