giovedì 4 settembre 2014

IL SENSO DI RENZI PER LA PATENTE A PUNTI A SCUOLA

Roberto Ciccarelli

Bestiario semiserio per una vita spericolata dietro la cattedra: valutazione, merito, portfolio e patente. Gli strumenti per fare squadra e vincere la partita del cuore con il tuo preside-manager

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Il patto proposto da Matteo Renzi a docenti, famiglie e studenti è un progetto di società, e non solo scolastico, congruente con la pedagogia neoliberale che il presidente del Consiglio vuole applicare all’intero paese. Ispirato alla “meritocrazia” il governo propone uno scambio ai 150 mila docenti che ha annunciato di volere assumere da settembre 2015: un posto di lavoro, ma a condizioni salariali bloccate per nove anni, e in più chiede la disponibilità ad essere flessibili geograficamente. Stipendi ridotti e mobilità dettata dalle esigenze della scuola-azienda. In questo modo Renzi si propone di rendere efficiente lo Stato per gestirlo come un’impresa. 


Gli scatti di competenza
Il primo obiettivo è abolire il contratto nazionale e la progressione di carriera del personale scolastico in base all’anzianità di servizio.  Gli “scatti di anzianità” vengono garantiti a tutti, gli “scatti di competenza” lo saranno solo ai docenti giudicati “meritevoli” in base a una valutazione sui crediti “documentabili, valutabili e certificabili”. Lo “scatto di competenza” dovrebbe avvenire ogni tre anni. Si sostiene che due docenti su tre avranno 60 euro in busta paga in più. Sempre che lo meritino. Nei fatti viene aperta la strada all’aumento dell’orario di lavoro dei docenti.

Quello di Renzi è anche un discorso morale. La “competizione” viene legata alla responsabilità. Sottoponendosi alla valutazione, i docenti e gli studenti aiuteranno lo Stato a risparmiare e a essere più produttivi, rispettando il comandamento dell’austerità. Quello che è certo è che non si torna indietro: gli 8,4 miliardi di euro tagliati da Gelmini-Tremonti non verranno rifinanziati.

Le assunzioni
Nelle graduatorie ad esaurimento (Gae) ci sono 155 mila docenti precari. Quest’anno verranno assunti 7700 su cattedre ordinarie e 6700 su posti di sostegno. L’anno prossimo il governo vuole assumerne in un solo colpo 140.600. A questi aggiunge i 3 mila vincitori senza cattedra del concorsone 2012 (il 70 iscritto alle Gae). Assunti anche gli “idonei” dello stesso concorso: 6300 (il 60% iscritto alle Gae).

A tutti gli altri precari abilitati il governo prospetta un concorso per assumere 40 mila persone dal 2017 e colmare il divario con il personale che andrà in pensione. Tra questi dovrebbero entrare anche i recenti abilitati Pas (69 mila) e Tfa I e II ciclo (10.500 e 22.500). potrebbero partecipare fino a 200 mila persone, calcolando anche i laureati non abilitati. Questa operazione costerà 3 miliardi di euro. Un miliardo dovrà essere impegnato da settembre a dicembre 2015 nella legge di stabilità che verrà presentata nei primi giorni di ottobre.

Come curare la “supplentite”?
I 150 mila assunti andranno a coprire l’organico i posti scoperti. Visto che molte con i tagli alla scuola migliaia di cattedre sono state cancellate, e molti sono stati gli istituti accorpati, chi non avrà una cattedra andrà a ricoprire una “posizione funzionale”. 50 mila avranno una cattedra, 100 mila neo-assunti dovranno garantire la mobilità, spostarsi nella loro provincia, rispondendo alle richieste dei presidi.

Le assunzioni dovrebbero seguire l’ordine nella graduatoria. Chi sta in fondo rientrerà in questo “organico funzionale a rete”. Ci sarà una categoria di docenti “stabili” e un’altra di “mobili”, cioè dovranno essere disponibili a trasferirsi per lavoro, non diversamente da quanto accade oggi tra i precari che migrano da Sud a Nord.

Entro il 31 dicembre di quest’anno il Miur dovrebbe fare il censimento di tutti i precari per chiarire la situazione. Sembra infatti che 43 mila iscritti alle Gae non abbiano effettuato supplenze negli ultimi 3 anni, probabilmente perché lavorano a tempo pieno e sottopagati nelle scuole paritarie. Proprio quelle che il governo intende aiutare con misure per la defiscalizzazione.

Verrà abolita la “terza fascia” dove i precari sono più numerosi e lavorano sulle supplenze brevi che saranno assorbite dall’organico funzionale. Si calcola che siano 93 mila le persone che hanno insegnato meno di un mese. 100.500 quelli che hanno insegnato più di un mese. Non vengono considerati “precari”. Saranno apolidi. 

Il preside-manager
Figura centrale del “patto” è il dirigente scolastico. Figura centrale della sua scuola sarà il preside-manager. Gestirà il registro nazionale dei docenti, l’insieme dei curricula online, definiti anche come “portofolio” delle competenze. Sceglierà i docenti più adatti al suo progetto di impresa, la “squadra” si legge nel documento, lo stile è da gestione delle risorse umane. Il preside-manager sarà un capo-impresa che sceglierà i “suoi” docenti, un po’ come farebbe Marchionne con i suoi manager o dipendenti. La vecchia utopia aziendalista dell’istruzione, perseguita sin dalla fine degli anni Ottanta trova la sua realizzazione. Renzi realizza la vecchia legge Aprea respinta dagli studenti nel 2012.

Eleggi il tuo docente mentor
Il tutto sarà gestito da un sistema di valutazione interno, coordinato da un “docente mentor”, e da un sistema nazionale di valutazione (Snv) rivolto anche alle scuole paritarie. Questi sistemi sono l’espressione del progetto neo-liberale introdotto nell’università e nella ricerca con la riforma Gelmini: serviranno cioè ad aumentare la “qualità” della scuola e i “portfolio” di studenti e docenti.

Il progetto è quello di superare l’idea per cui l’insegnamento è un “servizio pubblico”. Diventerà un atto di volontà individuale al servizio della scuola-impresa. Il documento governativo parla di “riscatto” individuale e “protagonismo civico”. In vista della premialità, si consiglia all’individuo di impegnarsi nella sua comunità di riferimento a diffondere i valori della nuova governance. Il valore dell’impresa cresce quante più persone scelgono di auto-valutarsi.

Dare l'esempio con la patente a punti
Il senso di Renzi della comunicazione è stato da molti elogiato. Ieri però la riforma che annunciava, tra l'altro l'assunzione dei precari è stata sovrastata da una notizia ben più concreta. Gli stipendi dei dipendenti pubblici restano bloccati anche per il 2015. L'indennità di vacanza contrattuale lo resterà fino al 2017 compreso. Il contratto nazionale della scuola ha superato un record: è bloccato dal 2007 e agli insegnanti lo Stato ha prelevato 3600 euro dalle buste paga. E' un modo per finanziare l'austerità: si prendono i soldi direttamente alla fonte. 

Non solo. Da settembre 2014 scatta il balzello previsto dalla riforma Fornero: il "contributo di solidarietà" dello 0,50% sulla retribuzione (1/3 a carico del lavoratore). Le buste paga perderanno altri 600 euro. Questo scenario rende poco credibile l'annuncio per cui il governo troverà subito 1 miliardo, e altri 3 per mettere a regime le assunzioni a partire dal 2015.

La patente a punti prospettata da Renzi sostituisce idealmente, ma non concretamente, l'istituto dei contratti nazionali che non esistono più. Lo fa in maniera fittizia perché il sistema degli scatti meritocratici  e quello del portfolio dovrebbero essere applicati a tutto il pubblico impiego (ma in realtà a tutto il sistema della contrattazione) e non solo alla scuola. Invece si pensa a una riforma "a macchia di leopardo" che indebolisce un progetto nato vecchio.

Le imprese "riformatrici" ispirate alla "meritocrazia" valgono infatti per i periodi ascendenti dei cicli economici, non per la crisi e la recessione come quello in cui ci troviamo da sette anni. In questo contesto, la patente a punti per i docenti servirà solo a redistribuire la miseria, non per conquistare il successo. La competizione per ottenere più "meriti" servirà ad appropriarsi di poche risorse scarse. I "vincitori" della gara resteranno poveri e in più contribuiranno con i loro stipendi a finanziare l'austerità di stato.

Renzi registra l'esistente e inserisce la retorica sull'innovazione in un meccanismo depressivo. Tutto il contrario del progetto neoliberale che invece si regge sull'entusiasmo  in una gara per la ricchezza individuale.

Apri la porta al volontario che è in te
Renzi vuole attrarre i privati, imprese, fondazioni, fino a prospettare al Terzo settore l’entrata nella scuola su progetti per tenere aperti gli istituti oltre l’orario scolastico. In quest’ottica vincolerà il Fondo per il Miglioramento dell'Offerta Formativa (Mof) agli obiettivi di miglioramento delle scuole.

Le attività così prodotte verranno valutate nel portfolio di docenti e studenti e rientreranno nella valutazione finale. Si punta a creare “laboratori sul territorio” (anche con Fablab o incubatori d’impresa) per integrare pubblico e privato. Viene inoltre teorizzato il ricorso al lavoro gratuito e volontario dei professionisti o dei docenti in pensione che offriranno “servizi” e “competenze” alle scuole. Questo già accade in diverse scuole del Nord Italia.

Si vuole così creare “comunità educanti”, ispirate ai valori dell’impresa etica. Nell’immaginario del governo queste comunità avvieranno al lavoro gli studenti con stage e all’apprendistato in azienda, obbligatori negli ultimi tre anni dei tecnici e professionali. Almeno 200 ore all’anno. È un progetto che rientra nella riforma Poletti dove gli apprendistiti vengono inquadrati con una paga fino al 60% dei loro colleghi. La buona scuola educa, alla precarietà.


La società dei controlli

Annunciata, infine, una “digitalizzazione spinta” della scuola. Le aziende che producono lavagne luminose faranno affari d’oro. Ma con questa idea, molto simile al progetto berlusconiano anche per l’insistenza sull’inglese, si vogliono introdurre i dispositivi dello screening e del profiling individuale sulla base delle competenze (il portfolio). Renzi si prepara così al passaggio dalla società disciplinare a quella che Gilles Deleuze definì “società dei controlli”. 

«Oggi tiriamo una linea col passato» - ha scritto su tweet il ministro della Pubblica Istruzione, Stefania Giannini. Non è vero. Il suo governo continua il progetto iniziato con la riforma dell’università nel 1989.

2 commenti:

  1. tra tutto, trovo particolarmente inquietante il dato dei superpoteri affidati ai dirigenti e la valutazione affidata a meccanismi "interni". Trovo che sia molto pericoloso in termini di possibili derive clientelari. Altro che merito...

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  2. Scatti scatti scatti a "piacer delle ferriere" su una Storia importante che continua su confini ibridi o non "necessariamente" chiari. Preciso invece resta l'incantamento per posizioni non conformi a una vocazione dichiarata ma che abbraccia l'incomprensibile che nulla ha a che vedere con la razionalità che tiene conto del Campo ma procede sperimentando delle teorie applicabili su la costrizione che su un processo di crescita, col risultato di un dis/amore all'insegnamento,rivalità,tra gli insegnanti, sempre più crescenti, l'involuzione attraverso dei "patti" lontani dal rigore di una vera convinzione da portare avanti. Insomma si continua a oensare da ragazzo scaut e non da professore cosciente del valore conquistato col sudore colato sui libri e mezzo fondamentale per aiutare culturalmente e moralmente chi sta introducendosi alla vita sua e insieme agli altri. .Bianca 2007

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