lunedì 16 gennaio 2012

COSTA CONCORDIA: LA "MOVIDA" GALLEGGIANTE








Strano che nessuno si sia chiesto quale bandiera batte la “Costa Concordia”. Strano che nessuno si sia chiesto chi stava sul ponte di comando della nave al momento dell’incidente. Strano che nessuno abbia ricordato che ai primi di ottobre del 2011 la nave portacontainer “Rena” della MSC è andata a sbattere contro l’Astrolabe Reef in Nuova Zelanda, uno dei più preziosi paradisi marini del globo, e che da allora (sono passati tre mesi e mezzo) sputa petrolio su quelle acque incontaminate, creando il più grave disastro ecologico in quell’emisfero. Strano che nessuno ricordi come l’Italia abbia a che fare in questi incidenti, per più motivi. Costa Crociere, nata italiana come dice il nome, è controllata dal gigante americano del settore. Ma chi la gestisce? Le navi, è bene si sappia, sono di proprietà, di norma, di una holding la cui prima preoccupazione è di metterle al riparo dal fisco e dalle norme sulle tabelle d’armamento presso certi paradisi fiscali ( da cui le cosiddette “bandiere ombra” o flag of convenience). Ma sono gestite da Ship Management Societies specializzate che decidono le assunzioni di personale e lo fanno di solito in base al principio del minor costo. 

Sulla “Rena” c’erano 15 filippini su 20 uomini di equipaggio. I filippini hanno pessima fama, ma ingiustamente, da “paria” del settore sono diventati oggi tra quelli meglio preparati, perché negli anni hanno imparato che la loro vocazione era quella ed hanno investito in scuole professionali, che rilasciano i diplomi ed i certificati necessari per l’imbarco. Purtroppo oggi il mercato dei certificati falsi è fiorente, oggi i “paria” sono altri, ucraini, vietnamiti, turchi, bielorussi. 



1. Sabato c’è stata una manifestazione sul Canale della Giudecca a Venezia contro il passaggio delle grandi navi da crociera. Stava uscendo in quel momento la “MSC Magnifica”. MSC sta per Mediterranean Shipping Company ed è la creatura di un geniale italiano di Sorrento, Gianluigi Aponte, che ha trasferito le sue attività in Svizzera, a Ginevra, dove sembra abbia preso moglie con tanto di banca in dote. Ha una flotta di circa 150 navi portacontainer (è la seconda al mondo) ed una flotta sempre più consistente di navi da crociera. I suoi comandanti e, spesso, anche i suoi ufficiali, sono di Sorrento o dintorni. Anche quello della “Costa Concordia” viene da Sorrento, si legge, e con il suo comportamento ha coperto di disonore una categoria di validissimi uomini di mare. MSC è famosa nel mondo per la sua mancanza di trasparenza. Non comunica informazioni relative ai suoi traffici, in particolare sui volumi di merce trasportata, non conferma né smentisce le notizie che le pubblicazioni insider sfornano ogni giorno sulle loro costosissime newsletter. MSC si è fatta largo con una politica di prezzi assai aggressiva, al limite del dumping, possibile quando si riducono i costi al massimo e magari quando si dispone di grande liquidità (gli invidiosi o i malevoli dicono di sospetta origine).

Ma torniamo alla nave naufragata. Chi era sul ponte di comando? Il comandante e, si suppone, qualche ufficiale erano a cena con gli ospiti che si erano messi in ghingheri apposta. Che il personale fosse addestrato all’emergenza è probabile, ma per quanto riguarda il core manpower, il 10/15% del totale quindi, le centinaia di precari a bordo, che spesso parlano un paio di parole d’inglese al massimo, certo non lo erano. Chi aveva verificato il funzionamento dei verricelli delle scialuppe di salvataggio? Nessuno. La “Rena” era una nave substandard, sottoposta ad ispezioni almeno una quarantina di volte negli ultimi anni, in genere era stata fermata e rilasciata solo dopo giorni. Troppo costoso per il signor Aponte ritirarla dal servizio. Le navi da crociera invece sono recenti, dotate delle più sofisticate apparecchiature di bordo. Se causano disastri è per cause diverse da quelle destinate al cargo. E quali sono queste cause?

3. La principale è di carattere culturale, di costume si potrebbe dire. Non è tanto problema di preparazione del personale, di controllo del funzionamento delle apparecchiature, di competenza degli ufficiali, è prima di tutto la cultura della “movida” a determinare certi comportamenti irresponsabili. Una nave da crociera è un’oscena “movida” galleggiante, che, a differenza di quella che ha devastato città come Barcellona ed altre, coinvolge vecchi e bambini, donne incinte e suore, paraplegici e malati cronici, tutti ammucchiati nella spensieratezza e nello shopping, con cabine costruite per essere scomode in modo che i passeggeri vadano in giro a comperare. Gli introiti all’armatore provengono dallo shopping in egual misura che dalla tariffa di passaggio. E poi lo spirito della “movida” è quello che fa avvicinare questi mostri pericolosamente alle coste più belle, alle acque protette dei pochi e non presidiati parchi marini. Chi abita a Camogli e dintorni è ormai abituato a vedere le navi da crociera uscire dal porto di Genova e puntare diritte sul parco marino di Punta Chiappa, passandoci sfiorando le boe fatte per barche e motoscafi. Le sente lanciare l’urlo delle sirene e allora la gente del posto spiega: “I comandanti sono di Camogli ed è usanza che vengano a salutare le mogli e le mamme. Camogli viene da Ca’ delle mogli”. All’inizio ci cascavo anch’io e magari ripetevo questa sciocchezza a dei bagnanti inquieti per l’avvicinarsi del mostro, ma oggi so che non è così. Perché le grandi navi passano per il Canale della Giudecca? Per permettere ai passeggeri di scattare una foto di piazza San Marco dal bacino. E questa “esperienza” pare che valga l’intera crociera. Altrimenti perché i tour operator minaccerebbero di boicottare Venezia se le navi non passano più per il canale della Giudecca? 



4. Era troppo tardi all’Isola del Giglio per scattare le foto. La “movida” si era trasferita ai tavoli delle mense. Ma la “movida” da sola non basta a spiegare le modalità dell’accaduto. Un fattore strutturale è il cosiddetto “gigantismo” navale. Perché si costruiscono navi da 100 mila tonnellate, in grado di portare anche 6.000 persone? Per risparmiare sui costi, punto. Non è che la vacanza è più bella se a bordo si è in 6 mila invece di mille, anzi il servizio rischia di essere peggiore. Una simile nave in caso di incidente è governabile assai meno di una nave più piccola, fosse pure perfettamente esperto tutto l’equipaggio in evacuazioni d’emergenza. E’ il gigantismo in sé la pura follìa, perché innesca il circolo vizioso. Quanto più grande la nave, tanto inferiori i costi unitari per l’armatore che può offrire prezzi a portata di tutte le tasche. Tanto più basse le tariffe tanto più difficile la concorrenza da parte di navi più piccole, con costi unitari maggiori. Le barriere d’ingesso al mercato si alzano, la situazione diventa di oligopolio e magari su certi  segmenti di mercato diventa monopolio, allora le tariffe possono riprendere a crescere, ma nel frattempo è il disastro. Nelle navi portacontainer la logica è la stessa ed i danni all’ambiente sono costanti. Oggi sono in ordine ai cantieri navi da 18.000 TEU, per entrare in un porto hanno bisogno di alti fondali. Se chiedete a un Presidente di un qualunque porto italiano, che non sia Trieste, in quali attività investe le maggiori risorse, vi sentirete rispondere: scavare i fondali. Anche a Venezia è così e se non ci si ferma in tempo sarà la morte della laguna, che già è agonizzante. Con la costruzione del MOSE le bocche di porto si sono ristrette ed i conducenti dei vaporetti vi diranno che razza di velocità hanno preso le correnti in uscita ed in entrata a seconda delle maree, roba da render difficile il governo di un vaporetto. 

5. La Ship Management Society della “Rena”, la portacontaienr che sta ancora devastando il reef neozelandese, è la Costamare, con sede in Grecia. Se andate sul sito, troverete che si considera la migliore del mondo nel trattamento degli equipaggi. Possiamo anche crederle ma il problema oggi è che ci si trova ormai nello shipping in una situazione, come nella finanza, sfuggita ad ogni controllo. Per disastri di proporzioni inimmaginabili le multe pagate dalle società sono ridicole, qualche problema in più lo hanno semmai le assicurazioni, la colpa comunque è sempre dell’uomo, cioè di quel disgraziato a bordo che si è fatto magari un turno di 16 ore. Si dice che il comandante della “Rena” fosse ubriaco, forse era fatto di coca o forse il suo secondo al timone, chissà. Non esiste un’Autorità Internazionale che abbia giurisdizione sulle acque, in mare ciascuno fa il cazzo che vuole, l’International Maritime Office può fare solo raccomandazioni e le sue Direttive debbono essere ratificate dagli Stati…campa cavallo. La deregulation è totale ed è iniziata con la deregulation del lavoro. Per questo sono nate le bandiere di comodo, non tanto per pagare meno tasse ma per aggirare gli standard dell’organico di bordo, cioè delle tabelle d’armamento. Le caratteristiche fisiche e tecniche di ogni nave richiedono un organico ben definito in termini di numero e di qualifiche, di ufficiali e di crew. Gli armatori registrano la nave a Panama, alle Isole Caimane, in Liberia per poter avere la mano libera sulle caratteristiche dell’equipaggio. Nel mirino si dovrebbero tenere quindi non solo gli armatori ma le Ship Management Societies. In Italia si è trovata una via di mezzo, il cosiddetto Secondo Registro Navale, la nave rimane sotto bandiera italiana e le tasse l’armatore le paga in Italia (non è il caso qui di soffermarsi sulle agevolazioni fiscali concesse all’armamento, i sacrifici si sa debbono farli solo i lavoratori, dipendenti, precari e freelance che siano). Ma l’equipaggio può essere formato secondo pratiche che non sono molto dissimili da quelle concesse alle flag of convenience.


Non esiste salvezza dunque? Non è solo per antico operaismo, ma per una considerazione fredda ed obbiettiva che ritengo l’unica possibilità di salvezza la lotta multinazionale dei lavoratori. Purché se ne tenga conto. Nessuno ci fa caso, nelle cosiddette pubblicazioni antagoniste o di sinistra ancora non opportunista non c’è traccia di quel che accade nel mondo della portualità e dello shipping. Invece ci sono fermate, scioperi e proteste ogni giorno nel mondo, soprattutto nei porti. Forse qualcuno ricorderà che un paio d’anni fa sui giornali è venuta fuori la notizia che c’era un porto nuovo in Marocco che avrebbe stracciato tutti i concorrenti, Gioia Tauro in primo luogo. Da mesi è semiparalizzato dagli scioperi. Il problema non è quello di essere informati, ma quello di esser presenti nell’opinione pubblica con ragionamenti che spostino delle rivendicazioni dal terreno della pura sopravvivenza (di questo si tratta e non di presunti “privilegi” dei portuali) al versante della lotta per la salvezza dell’ambiente e di una civiltà del lavoro degna di questo nome.



***

Sergio Bologna è autore de "Le Multinazionali del mare", Egea Editore, Milano 2010.

15 commenti:

  1. per assurdo visto l'analisi piu'che giusta e seria della questione a me e'rimasto piu' impresso il volto del capitano lo stesso al mio tavolo di una cena sull'oceano di un anno fa .....brivido. Un cordiale saluto e grazie dell'approfondimento.Ariel

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  2. Trovo tutto questo pericolosamente vergognoso.Il mare con la sua acqua è l'elemento oltre all'aria dove non si sono confini fisici. Dove si mischiano gioie e dolori di questo pianeta. Dovrebbe essere un M0NDO unico dove c'è una bandiera comune in nome del rispetto che gli dobbiamo. Come l'aria ci è necessaria per vivere! Invece si cerca solo la convenienza e il modo più redditizio per sfruttarlo! I primi che ne traggono vantaggio sono gli ultimi che si prendono la responsabilità di salvaguardarlo!!!
    Questo comandante é l'esempio più recente che abbiamo!!! che vergogna indecente!! Ma sta gente cosa ha al posto del cuore?? un fagiolo? grazie didi

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  3. MSC o costa crociere??????

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  4. si dice "donnE incintE", non incintA, è un aggettivo, ha singolare e plurale. Grazie.
    claudia

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  5. Risposte di Sergio Bologna: "Da nessuna parte del mio intervento sta scritto che il comandante della “Costa Concordia” era forse drogato. Il riferimento a una condizione psichica alterata riguardava il comandante della nave che ha causato il disastro in Nuova Zelanda.

    Non sono abituato ai pettegolezzi, ricavo le notizie da pubblicazioni specializzate dei Lloyd di Londra che sul disastro della “Rena” sono tornate più volte. Con particolari di una certa gravità, che non ho riportato per ragioni di spazio (o di carità di patria), come quello dell’esistenza di carichi di sostanze tossiche a bordo della nave naufragata, inizialmente non dichiarati nella quantità esistente, mettendo a rischio la sicurezza dei soccorritori.

    A chi mi obietta che MSC non c’entra nulla con il caso della “Costa Concordia” rispondo che il mio intervento si muove in una logica opposta a quella di chi vuole minimizzare eventi tragici come quello accaduto all’isola del Giglio. Chi vuole minimizzare esalta sempre l’”unicità” dell’accaduto e riporta tutto al caso specifico, qui invece si tratta di inserire l’accaduto in un contesto e di denunciare pratiche che si stanno pericolosamente generalizzando fino a diventare cose “normali”, come quella di sfiorare le coste di ambienti marini delicati o addirittura di zone abitate con navi da 70/80 mila tonnellate. Immaginate cosa accadrebbe se un domani queste pratiche si dovessero estendere al trasporto aereo e dovessimo vedere degli Airbus 380, prima di atterrare all’aeroporto di Malpensa, gettarsi in picchiata sul Duomo di Milano per consentire ai passeggeri di fotografare da vicino la Madonnina.

    Gli abitanti di Venezia che sabato 14 hanno manifestato contro il passaggio della “MSC Magnifica” (v. resoconto su “Il Gazzettino” con tanto di foto) hanno a cuore non solo la loro città ma la dignità dello shipping. Io capisco l’amarezza di chi, lavorando in questo settore, vede quel che succede e, sentendosi impotente, se la prende con chi denuncia questi fatti. La mia famiglia, mezza genovese e mezza triestina, vive da generazioni di porti e di navi e proprio per questo mi sono stati trasmessi dei valori etici della gente di mare che oggi vedo, con dolore amarezza, calpestati. Ma proprio in nome di questi valori dobbiamo tutti oggi reagire e non cercare di minimizzare i fatti.

    Lo dobbiamo non solo a quelli che perdono la vita in questi incidenti ma anche ai milioni di lavoratori del mare e dei porti che ogni giorno fanno il loro dovere con sacrificio, dedizione e competenza".

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  6. Personalmente ritengo tu abbia preso in mezzo diversi elementi che non sono strettamente collegati tra loro. Se volevi comunicare che dovrebbe esserci meno libertà di uscire dalla rotta prevista, sì beh questo è ovvio, penso che dopo l'accaduto saranno tutti un po' meno facilitoni (la prima a subire danni dall'incidente è la Carnival stessa). Se volevi trasmettere il messaggio che le compagnie aggirano le barriere normative battendo bandiera straniera.. beh... forse è il caso di chiederci se sia giusto crearle queste barriere, devastanti sia a livello burocratico che fiscale. Se invece volevi alzare una protesta contro il gigantismo delle navi (e tutto il discorso delle barriere all'entrata) converrai con me che le economie di scala fanno parte del normale sviluppo di ogni settore in un'economia di libero mercato (vedi automobili, aerei...); non vedo perchè 1000 navi piccole dovrebbero far meno danni di 100 grosse. E se proprio vogliamo dirla tutta questo è un business che porta un sacco di soldi al nostro paese.
    Per ultimo volevo far notare che le crociere in canal della Giudecca sono trainate da rimorchiatori e vanno a velocità bassissima. E' vero fanno abbastanza impressione ma fanno pure girare un sacco di soldi a Venezia e dubito fortemente che gli interessi degli oppositori siano maggiori di tutti coloro che ci lavorano dietro.

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  7. Solo una considerazione. La tragedia è avvenuta su una nave della Costa Crociere, che appartiene all'americana Carnival.
    La MSC è un'altra società che fa concorrenza alla Costa.

    Aponte, che sarà quello che sarà, su 'sta storia mi sa che c'entra poco...

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  8. In merito all'articolo di questo tale Bologna, vorrei dire che Costa crociere s.p.a. è una società di diritto italiano, con sede in Genova, diretta da italiani, le cui navi da crociera sono costruite in Italia da Fincantieri, sono immatricolate a Genova e battono bandiera italiana. Il tutto anche se il suo capitale è posseduto maggioritariamente dall'americana Carnival Cruise, alla quale la famiglia Costa aveva ceduto il controllo dell'azienda nel 1997. Tutt'altra situazione per MSC, che pur essendo di proprietà italiana (il proprietario però sembra risiedere in Svizzera) manda in giro navi da crociera che fanno di tutto per non sembrare italiane, a cominciare dalla bandiera, che è quella di Panama.

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  9. Tutto corretto, vorrei solo apportare un commento al punto 5.
    Infatti IMO prevede da ormai 20 anni un registro “drug and alchool test” che viene effettuato a bordo dall´ufficiale preposto.
    Inoltre il personale navigante viene sottoposto sia a visite biennali che a visite pre-imbarco.
    Infine le compagnie di navigazione mandano a sorpresa controlli a bordo per verificare lo stato del personale con drug e alcol test.

    Resta tuttavia chiaro che la scrupolosita´ delle visite mediche biennali e pre imbarco sono a carico delle varie autorita´competenti, cosi´come le visite a sorpresa dipendono dal management della compagnia.

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  10. Tutto corretto, vorrei solo apportare un commento al punto 5.
    Infatti IMO prevede da ormai 20 anni un registro “drug and alchool test” che viene effettuato a bordo dall´ufficiale preposto.
    Inoltre il personale navigante viene sottoposto sia a visite biennali che a visite pre-imbarco.
    Infine le compagnie di navigazione mandano a sorpresa controlli a bordo per verificare lo stato del personale con drug e alcol test.

    Resta tuttavia chiaro che la scrupolosita´ delle visite mediche biennali e pre imbarco sono a carico delle varie autorita´competenti, cosi´come le visite a sorpresa dipendono dal management della compagnia.

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  11. E' stato molto interessante leggere quanto sopra: sono arrivata a questo sito inserendo nel motore di ricerca "Naufragio Costa Concordia cosa c'è dietro". Non mi piace fermarmi alle apparenze e/o a quello che i media ci vogliono propinare. Mi sembra talmente assurdo che un capitano di nave faccia un errore così eclatante!? C’è sicuramente una serie di concause. Ringrazio gli autori per tutte le informazioni sconosciute alla maggior parte delle persone comuni che cercano solo il pettegolezzo e il colpevole da crocefiggere a tutti i costi. Informazioni queste che –se non intenzionalmente ricercate- non verranno mai rivelate in nessun salotto mediatico, lasciando tutti nella beata ignoranza ed estrema superficialità, che purtroppo ci ha tolto tante capacità e molto altro. Sabina

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  12. Da SERGIO BOLOGNA: "Debbo rispondere a Luca (e indirettamente a quello che mi chiama “un tale”)

    Sì, io penso che una nave di dimensioni medio-piccole con 600 passeggeri a bordo presenti in determinati casi, quelli di cui qui parliamo, minori rischi e una maggiore governabilità in casi di emergenza, di una nave con 6000 persone a bordo. Che ci siano economie di scala lo sappiamo tutti, ma proprio per questo all’accrescersi della dimensione buon senso vuole che si aumentino le cautele nel gestire un mezzo.

    Certo, nel canale della Giudecca le meganavi hanno due rimorchiatori e vanno a velocità ridotta, perché, tu le lasceresti senza rimorchiatori, libere di uscire da sole per non avere l’impedimento di devastanti burocrazie pubbliche? Venezia è stata costruita in maniera diversa da un paesino di montagna, vorremmo tenerne conto o no? Ma questi sono dettagli, il tuo ragionamento di fondo è questo: le crociere portano un sacco di soldi, prima e durante il loro svolgimento, portano occupazione, cerchiamo di essere grati a chi porta al Paese questi benefici, i vostri interessi sono poca cosa rispetto agli interessi di chi lavora nel ciclo del turismo. E qui, purtroppo, hai ragione, solo che messa così la tua assomiglia tanto alla mentalità del servo che lecca la mano al padrone. Comprensibile, in questa fase di disoccupazione e di crisi, tant’è vero che è la mentalità oggi dominante. Non è la mia, ma questo non conta, il problema è che questa mentalità accresce l’arroganza di certe entità economiche, di cui le compagnie amatoriali sono parte importante. Sempre per tornare al disastro della “Rena”. Da anni dura un movimento di protesta contro il passaggio delle navi rasente le barriere coralline più importanti del mondo, quelle australiane. Militanti di Geenpeace hanno fatto la galera per questo. Se queste sono minoranze, tuttavia esistono, dimostrare di ignorarle e di fregarsene è un segno di arroganza e di inciviltà. Dunque bisogna alzare la testa e la voce. Sono cose che ci ha insegnato il movimento “liberal” negli USA alla fine dell’Ottocento, non sono cose del comunismo o dell’ecologismo, cultura “liberal”, quella che ha difeso i cittadini dallo strapotere dei monopoli o degli oligopoli".

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  13. Solo un saluto di riconoscenza a Sergio Bologna , prometto però di approfondire tutto il vostro sito e di segnalarlo nel mio blogroll oltre alla ripresa che ho fatto in un post di questo articolo . Il merito diavervi conosciuto è di Mario Schena che mi ha inviato i riferimenti.

    Rimanendo meno OT o piu IT, questa vicenda si presta come altre a piu livelli di lettura , di cui alcuni apparentemente men scientifici, sono tipici di alfabeti massonici di potere che stanno dietro alla stessa logica delle "multinazionali" e di certo "gigantismo"


    rimameno sul piano di quelli piu scientifici, se ogni aspetto della vita è ridotto a PROFITTO e massificazione dello stesso, la cosa piu evidente macroscopica di per sè, è l'insieme di considerazioni "strutturali" che colpiscono anche il fenomeno "liquido" in questione.
    Il conflitto senza soluzione da quando l'uomo ha perso stesso, è dato dal delirio di onnipotenza scatenato dalla possibilita "tecnologica" che tutto consentirebbe a prova di bomba, mentre in realtà è l'emento umano da cui si parte e si arriva.VSi spreme piu di un limone che si aschiavo marinaio, o che lo sia come schiavo passeggero, ma anche capitano

    alla massificazione di certi profitti contribuiscono poi le fregnacce dei media tutti( fregnacce intenzionalmente orientate dall'alto ,preconfezionando matrix-pseudoverità che tutti o quasi si bevono essendo ormai stati bombradati da tempo sia sul piano emotivo che intellettivo...fregnacce che poi vengono spacciate nel basso della filiera die vari operatori dei media che comei funzionari nazisti, partecipavano al male , eseguendo direttive,ordini e impostazioni senza nemmeno piu porsi il problema se era giusto o sbagliato)

    se si pensa che hanno fatto passare da eroe un capitano che ai tempi della moby price fece acqua da tutte le parti nei soccorsi e nell'insabbiamento di cio che avvenne veramente per i noti traffici veleni armi italia-usa/ somalia, c'è solo da nausearsi da qui a l''eternità.

    un caro saluto a tutti con la promessa di leggervi e seguirvi

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  14. Bravo!
    Aggiungo solo un aspetto che mi ha colpito nella faccenda del naufragio della Costa Concordia. La (mitologica)retorica degli Eroi (tanti) [ed ovviamente dell'anti-eroe perfetto: schettino (minulscola voluta)]. Sarebbe il caso di puntare finalmente il dito contro chi DEVE o DOVREBBE controllare/sanzionare ed invece FA (finta?) di NULLA. Ma partecipa volentieri all'autocelebrazione in veste d'eroe.
    marcop

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